A spasso tra storia (poca) e leggenda (molta)
Il sacro Graal? Cercatelo sotto il castello di Bianzano
E Castro…. avrebbe ospitato il centurione Longino.
Sono tempi così.
Stella Traynor Moratvska, scrittrice inglese che ha pubblicato presso la Printing Press dei Frati Francescani che hanno la cura del Santo Sepolcro, “The story of Longinus” (la storia di Longino) dice che Cassio Longino apparteneva ad una famiglia nobile di Lanciano, così come aveva riferito il Bocache ed il Renzetti e come è stato ampiamente dimostrato dai recentissimi ritrovamenti archeologici nel complesso chiesastico di San Longino / San Legonziano / San Francesco.
Tra leggende, rivendicazioni e invenzioni può starci di tutto, soprattutto su un personaggio che sarebbe si diventato santo, ma che è passato alle storie, se non alla storia, come il centurione che spacca il costato di Gesù Cristo sulla croce con un colpo di lancia.
C’è di che vantarsi nel sostenere lancia in resta (è il caso di dirlo) di avergli dato i natali o averlo almeno avuto come ospite in paese? CASTRO e BIANZANO paesi dei due laghi (Iseo e Endine) ci provano.
Religione, esoterismo, magia, occultismo, in questo periodo dove nelle librerie di tutto il mondo il Codice da Vinci spopola, anche l’Alto Sebino e la Val Cavallina, vogliono ritagliarsi un angolo di rispetto, se non proprio di tutto rispetto. Tanto questa è un’epoca strana, capace di decifrare antichi rotoli ritrovati dopo millenni nelle grotte nel deserto e incapaci di distinguere tra un documento autentico e una ricostruzione fantasiosa da romanzo giallo o film degli orrori (storici). Chi se ne frega, abbiamo fame di storie, più sono complicate e più sono piacevoli da leggere. E anche l’incredulità dilagante sulle fedi tramandate contrasta e si fonde con una altrettanto dilagante voglia di credere in qualsiasi cosa che sia un punto fermo per la vita e per la morte.
Per tornare alla storia e alle storie del centurione Longino, c’è anche quella che fosse originario dell’Isauria, provincia romana che corrisponde oggi pressappoco alla Turchia. Quindi un Turco. Ma che fosse di origini italiane non si è mai smesso di sospettarlo e poi di rivendicarlo, una volta che la chiesa è riuscita a farlo santo, accreditandolo di una conversione più avventurosa dei romanzi medioevali. Proprio Castro e Bianzano sarebbero uniti da un unico filo conduttore che dalle sponde del lago d’Iseo arriva fino in Palestina sul monte Calvario per far ritorno in Valle Cavallina al castello Templare di Bianzano. Misteri che viaggiano tra storia (poca) e leggenda (moltissima) e che alla fine sono talmente verosimili da sembrare veri.
La vicenda che raccontiamo parte pochi decenni prima della morte di Cristo a Castro, paese dell’Alto Sebino che come dice già il nome, Castrum ospitava un tempo un accampamento romano. Qui infatti al tempo di Ottaviano Augusto era posta le legione Vuturia. Questa legione era composta da gente che amava darsi alla bella vita in riva al lago. Niente discoteche, però se la cavavano e se la spassavano con i mezzi di allora, grandi bevute, donnine disponibili e passatempi da caserma. E si vede che non volevano rotture di scatole e mal sopportavano gli ordini che arrivavano da Roma. Così l’imperatore Ottaviano Augusto o chi per lui stanco delle intemperanze delle truppe bergamasche, decise per punizione di spedire l’intera legione in Palestina, regione che allora era posta ai margini dell’impero. Nessuna ci andava volentieri, neanche Ponzio Pilato la prese bene quando ce lo mandarono; chi poteva capire un popolo che sembrava sempre sul punto di esplodere in una rivolta, che adorava un solo Dio, (cosa da esaltati) melius abundare quam deficere, un solo Dio era pericoloso, la religione dei greci e dei romani era piuttosto complicata ma molto comoda, bastava saper giocare tra i capricci degli Dei e uno se la cavava.
Fatto sta che gli inqueti e turbolenti soldati romani con sede in Castrum, quando gli spiriti si facevano bollenti, si potevano almeno fare un bagno nel lago; tra loro c’era molto probabilmente anche un centurione che diventerà noto con il nome di Longino nome che deriva dal lancia. Nome postumo o profetico. Homen nomen. Longino sarebbe stato tra i soldati della legione Vuturia che dovettero eseguire la sentenza del loro governatore Ponzio Pilato e crocefiggere Gesù nell’anno 33 d.c.
Non è vero, non si contavano così gli anni, mica li si contava di certo dalla nascita di un condannato a morte, vi pare? Ma che ci importa, le storie vanno raccontate senza badare ai particolari. Se Pilato se ne era lavato le mani, figuratevi cosa gliene fregava ai soldati di una legione spedita li per castigo dall’imperatore. Fatto sta che, secondo questa tradizione, dopo la salita al monte Calvario e la crocefissione di Gesù, sarebbe stato Longino a trafiggere il costato di Gesù Cristo per verificare l’avvenuta morte. “ ma uno dei soldati gli forò il costato con una lancia e subito ne uscì sangue e acqua, così Giovanni” riporta nel suo Vangelo. Mica poteva cavarsela così, ogni storia deve avere le sue sottostorie. Secondo una di queste Longino sarebbe stato malato agli occhi, ma il sangue di Gesù schizzato su di essi, l’avrebbe guarito, convertendolo li sui due piedi. Da notare come queste storie apocrife venivano ben costruite ad edificazione delle genti. Longino malato agli occhi in quanto “cieco” di fronte alla verità, il sangue di Cristo che lo redime come il sangue versato, è redenzione per tutti.
Proseguiamo: Longino divenne quindi cristiano e , siccome uno si converte e subito pensa al futuro, secondo la leggenda, riesce non si sa come a raccogliere da sotto la croce il sangue che cola dalle ferite, perché dalla ferita da lui inferta, secondo il Vangelo, viene fuori poco o niente, e porta con se in Italia il sangue raccolto. Chissà i suoi colleghi che vedono il centurione che raccoglie il sangue sotto la croce... Va beh, la vicenda si chiude alla svelta, perché le storie troppo lunghe finiscono per tenere svegli anche i bambini. Tradizione vuole che Longino finisca in gloria, col martirio, ucciso nei pressi di Mantova. Infatti nella cattedrale della città si conserva tuttora la reliquia del preziosissimo sangue di Cristo, che sarebbe il sangue raccolto da Longino. Fin qui abbiamo viaggiato nella storia, visto che (quasi ) tutto sarebbe stato confermato perfino da Papa Paolo VI. Fu il sommo pontefice infatti a spiegare che la legione che crocefisse Gesù Cristo proveniva dalle sponde del lago d’Iseo. Così Giovan Battista Montini, papa nato a Concesio nel bresciano, riversò la colpa di aver ucciso Gesù sui soldati accampati sulle sponde bergamasche del lago. O il papa bresciano si vendicava dei bergamaschi o gli ha dato un contentino, dipende se uno si può vantare o meno di aver Longino come compaesano.
Da qui parte un’altra leggenda affascinante e misteriosa. Secondo questa storia che a Bianzano conoscono in molti, nello stesso istante in cui Longino trafisse il costato di Gesù a Castro si verificò un terremoto incredibile che diede forma al Tinazzo, anfratto che divise in due le rocce granitiche che ancora oggi è presente tra Sovere Castro e Lovere. Longino tornò poi in valle Cavallina con un oggetto preziosissimo recuperato proprio in terra di Palestina, il sacro Graal. Il calice di Gesù Cristo venne conservato qui per alcuni secoli. Successivamente nel Xiii secolo arrivarono a Bianzano i Templari che vi costruirono il castello. Qui ritorniamo nella storia credibile (a parte il sacro Graal naturalmente) visto che ormai è assodato che la struttura fortilizia che domina la valle Cavallina venne realizzata proprio da questo ordine mistico.
Nel 1233 l’ordine dei Templari – spiega Marilena >Vitali, presidente dell’associazione culturale Pro Bianzano – “decise di costruire qui a Bianzano un castello. Lo scopo era quello di aprire una nuova via verso il nord Europa, una via alternativa alla via Francigena che era diventata ormai troppo battuta e pericolosa. La nuova via doveva partire dal lago di Garda, arrivare in Valle Cavallina e proseguire fino in Germania attraverso il passo del Tonale. E’ ipotizzabile poi che la nuova strada passasse proprio da Bianzano visto che allora la valle aveva molte zone paludose impraticabili. Inoltre il castello dominava visivamente tutta la valle Cavallina. Che il castello sia stato realizzato dai Templari poi è stato verificato grazie a molti punti. Il rapporto tra l’altezza e la base del portale a sesto acuto dell’ingresso del castello rimanda al numero aureo, alla cifra di 1,618 che si trova in tutti i rapporti che in natura hanno un equilibrio e che per questo motivo rimandano al divino. Inoltre il castello è orientato sui 4 punti cardinali, è formato poi da due quadrati perfetti, uno intero ed uno esterno, sulla torre ci sono due bifore che, nelle nottate di luna piena formano con la luce riflessa altre due bifore nelle pareti della torre. Infine nel castello ci sono parecchi segni Templari”.
Tornando alla leggenda (ma l’abbiamo mai davvero abbandonata?) la presenza dei Templari in valle Cavallina, ordine cavalleresco che andò a combattere in Terrasanta, non sarebbe da attribuire alla realizzazione di una nuova via ma a ben altro. “Secondo quanto narra la leggenda i Templari sarebbero giunti in valle Cavallina perché qui era conservato il sacro Graal portato da Longino. I Templari, lo custodirono per molto tempo fino a consegnarlo al conte Giovanni di Baldino Suardo. Secondo sempre la leggenda, infatti il conte Suardo apparteneva all’ordine Cavalleresco e sopravvisse alla fine dell’ordine. Acquistato il castello tenne con se il sacro Graal”.
La leggenda poi lascia aperto un alone di mistero per il quale ancora oggi molti attendono una risposta. “Secondo quanto si ricorda, ma qui la leggenda viene sconfessata dalla storia, il conte Suardo morì in un ipotetico tunnel che collega il castello di Bianzano con quello di Monasterolo del Castello, posto a valle. Il conte infatti stava cercando di porre in salvo il calice di Cristo, quando il tunnel franò. Sull’esistenza del tunnel ci sono però forti dubbi. Negli anni ’60 qualcuno aveva provato a iniziare un’opera di scavi nella parte a valle del castello per cercare il tunnel, ma i proprietari del terreno non avevano concesso il permesso. In effetti una porticina che porta in basso nel castello esiste, come esiste del resto in molte abitazioni del centro di Bianzano. L’esistenza dei tunnel sotterranei può essere vera, ma probabilmente portava a monte e non a valle”. Naturalmente la parola fine non si potrà mai scrivere e forse questo lascia spazio a fantasie e a leggende che è bello raccontarsi certe sere d’estate, nella speranza magari che un giorno, scava, scava, emerga dai versanti della valle Cavallina, non le grotte e le cascate di Fonteno, ma addirittura il sacro Graal. Ma chi lo potrà mai riconoscere?